Là dove qualche milione d'anni addietro era il mare e ora s'innalza la compagine dei Colli Berici, il vino si fa da sempre, se è vero che tra i reperti palafitticoli del Lago di Fimon furono rinvenuti residui di vinaccioli di vitis vinifera silvestris. Ora i fossili d'allora, stritolati dai movimenti tettonici e dall'intervento dell'uomo, gli conferiscono quella sapidità che dei Berici è una nota distintiva.
Alla fine dell'Era Cenozoica o Terziaria, in quella che diverrà la Pianura Padana, lo smantellamento dell'appena emersa catena alpina, generò la cosiddetta molassa: una roccia sedimentaria clastica che, assieme alle arenarie e a conglomerati, mescola calcare ed argilla in quelle marne che al vino conferiscono assieme la qualità, l'energia e l'aroma, apportati dal primo ed il colore vivace, l'alcolicità e il notevole corpo, donati dalla seconda.
Nello stesso tempo si sviluppò quell'attività vulcanica di cui i Colli Berici, come del resto i vicini Lessini ed Euganei, sono un lascito: ecco, quindi, giustificata nel corredo olfattivo dei vini la mineralità, con ricordi di pietra lavica scaldata dal sole. La natura ha fatto la sua parte, ma l'uomo l'ha coadiuvata, preoccupandosi prima che altrove della loro sanità e qualità.