La chiusura del Piano Nazionale di Sostegno al settore vitivinicolo, strumento essenziale per il rafforzamento della competitività delle nostre aziende, slitterà dal 2018 al 2020, anno di scadenza del quadro finanziario della Politica Agricola Comune (2014 2020). Il nostro sistema vino potrà contare, quindi, su una dotazione finanziaria di ulteriori 680 milioni di euro per il biennio 2019-2020.
Con queste parole Domenico Zonin, presidente di Unione Italiana Vini – annuncia l’importante risultato ottenuto per il settore vitivinicolo italiano durante l’incontro istituzionale tenutosi alla Commissione Europea, presso il Gabinetto del Commissario all’Agricoltura Phil Hogan. Il Cabinet del Commissario, infatti, ha assicurato che la disponibilità delle risorse del Piano Nazionale di Sostegno sarà garantita fino al 2020, in linea con il quadro finanziario della PAC. Tra il 2009 e il 2013 la dotazione annuale del programma è aumentata del 41% – spiega Domenico Zonin. Il Piano Nazionale di Sostegno, attraverso la misura “Ristrutturazione e riconversione varietale” ha stimolato le aziende a produrre per il mercato adeguando la produzione alla domanda e incoraggiato l’innovazione e lo sviluppo di pratiche moderne in vigna come in cantina. Con la misura “Promozione”, invece, ha favorito gli investimenti per la valorizzazione e diffusione nei Paesi terzi dei brand e dei territori (IG), particolarmente apprezzati in tempi di crisi”.
“Oggi raccogliamo i frutti di questo impegno – aggiunge il presidente Domenico Zonin. L’Italia è il primo produttore di vino al mondo con circa 47.7 milioni di ettolitri di vino stimati nel 2015 e registra un export 2014 di 20,4 milioni di ettolitri (+1%), pari a 5,1 miliardi di euro (+1%). Siamo riusciti a migliorare la competitività delle aziende e la propensione all’export diversificando i mercati di sbocco, per far fronte al calo strutturale dei consumi nel mercato interno (italiano e UE) e rispondere all’aumento del consumo di vino nel resto del mondo (240 milioni di hl nel 2013 contro 226 nel 2000). In particolare, dal 2009 al 2014 sono stati ristrutturati circa 75.000 ettari, pari a circa l’11% della superficie vitata totale italiana. L’export dal 2008 al 2014 è passato da 3,7 a 5,1 miliardi di euro e tende dritto a 5,5 miliardi di euro nel 2015”.
In sintesi, il piano nazionale di sostegno vale circa 340 milioni di euro l’anno di cui circa 100 milioni sono assegnati alla promozione e circa 130 milioni alla misura ristrutturazione e riconversione del vigneto (i restanti 110 milioni sono spalmati su altre misure). L’estensione del PNS (Piano Nazionale di Sostegno) al 2020 significa che il settore vitivinicolo italiano potrà beneficiare di circa 680 milioni di euro in due anni (2019 e 2020). Le aziende italiane avranno, perciò, maggiori risorse per incrementare la propria competitività, in particolare sui mercati terzi grazie alla misura promozione: 200 milioni di euro in 2 anni + cofinanziamento aziende di altri 200 milioni di euro. Fino a 400 milioni di euro, quindi, che il vino italiano spenderà in due anni per promuovere i propri brand e i propri territori.
“Sicuramente – conclude Domenico Zonin – questa apertura ci consentirà di proseguire sulla strada del rinnovamento intrapresa nel 2009, che molto fino ad ora ha prodotto sia in termini di qualità, sia in termini di percezione positiva verso l’esterno del nostro sistema, in Italia e all’estero. Questi sforzi, però, da soli non bastano. Ci sono ancora questioni prioritarie in stand by che se non verranno risolte in tempi stretti li renderanno vani. Una tra tutte, ad esempio, la necessità di una politica commerciale comunitaria per il vino, condivisa ed efficace, che dia la possibilità al vino italiano ed europeo di muoversi liberamente e in sicurezza nel mondo, nel rispetto della passione e degli investimenti che da generazioni vengono messi in campo da ogni azienda”.
Fonte: Uiv
Lo dice il Liv-Ex, che ha stilato la top 10 delle etichette del Belpaese più scambiate nel 2015: al top assoluto Sassicaia (21,4% del quota di mercato in valore), Masseto, Ornellaia, Tignanello
Le due etichette italiane cult del Livex ... ma cresce tutta l’Italia del vino Che il prestigio dell’Italia enoica sia in crescita tra i collezionisti e gli investitori del mondo non c’è dubbio. Non solo perchè nelle grandi aste internazionali sono sempre di più i lotti dedicati alle etichette top del Belpaese, ma anche perchè arrivano tanti segnali di questa crescita, come il fatto che da agosto, per esempio, l’Italia sia stata la seconda “regione” più scambiata nel mercato secondario, dietro a Bordeaux ma superando la Borgogna, almeno secondo i numeri del Liv-ex (www.liv-ex.com), il benchmark di questo mercato, con i vini del Belpaese che hanno raggiunto una “market share” del 7,1% nel 2015 sull’appena 0,9% del 2010.
Con una crescita del valore scambiato del 34% nell’ultimo anno, grazie ai movimenti realizzati su 262 vini di 22 annate 132 brand, e con una grande prospettiva di crescita, visto che l’80% degli scambi è stato realizzato da annate comprese tra la 2009 e la 2012, e solo il 6% da annate più vecchie delle 2006 Dati di cui tener conto per investire in futuro, anche visti i successi del recente passato: l’“Italy 100” (sotto indice del “Fine Wine 1000”), che raccoglie le ultime annate di 5 classici Supertuscan (Masseto, Ornellaia, Sassicaia di Tenuta San Guido, Solaia e Tignanello di Antinori) e di altre griffe dell’Italia enoica (Barbaresco e Sorì Tildìn di Gaja, Barolo Vigne di Sandrone, Messorio de Le Macchiole e Redigaffi di Tua Rita), negli ultimi 5 anni ha visto una crescita in valore del 22,4%, performances decisamente migliore, in termini di crescita, dei vini di Bordeaux, con il “Bordeaux 500” che nello stesso periodo ha perso il 4,8%.
E se, negli ultimi 5 anni, la superstar indiscussa è stata il Masseto, che ha visto le sue quotazioni crescere del 56%, seguita dal Tignanello, che ha fatto +40,2%, nel 2015 il protagonista assoluto degli scambi italiani è stato il Sassicaia, che si è aggiudicato il 21,4% della quota di mercato in valore, e del 18,4% in valore, seguito, nella “top 10”, da Masseto (7,3% in valore e 2,9% in volume) e Ornellaia (3,9% in valore e 4% in volume). Tra i vini italiani più scambiati, poi, vine il Tignanello (3,5% in valore e 7,1% in volume), seguito dal secondo vino di Tenuta San Guido, il Guidalberto (3,3% valore ed 11,3% in quantità), e dal Brunello di Montalcino della storica Argiano (il secondo vino più scambiato, con il 12,1% della quota di mercato in volume, ed il 2,7% in valore). A chiudere la “classifica” redatta dal “Cellar Watch” del Liv-ex, ci sono il Solaia (2,4% del valore e 1,5% del volume), il Vigna d’Alceo di Castello dei Rampolla (2,4% in valore e 2,3% del volume), il Galatrona di Tenuta di Petrolo (2,4% in valore e 3,6% in volume) ed il Sorì San Lorenzo di Gaja (2,3% in valore e 0,5% in volume).
Una top 10 che, sottolinea Liv-Ex, conferma il primato assoluto dei Supertuscan in primis (con il leader Sassicaia spinto dalle annate 2010, 2011 e 2012) e poi della Toscana in generale, con 9 etichette nelle prime 9 posizioni delle “top 10”, e dove il Brunello di Montalcino di Argiano è la “spia” di una fervente attività sulle griffe del territorio di Montalcino, stimolata soprattutto dalle critiche decisamente positive sull’annata 2010.
Fonte: Winenews
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