A partire dal 1° gennaio 2016, comè noto, è entrato in vigore il nuovo regime delle autorizzazioni per il nuovo impianto ed il reimpianto dei vigneti in Italia, che sarà attivo fino al 31 dicembre 2030 e che sostituisce il precedente sistema dei diritti di impianto, cessato con il 31 dicembre 2015.
La modifica intervenuta è molto rilevante, in quanto i soggetti che vorranno impiantare nuovi vigneti non dovranno più acquistare i “diritti” da un altro produttore che ha espiantato un vigneto, ma dovranno richiedere l’autorizzazione gratuita e partecipare annualmente ad un bando di assegnazione di nuove autorizzazioni messe a disposizione da ciascun Stato membro dell’Unione Europea, sulla base della disponibilità dei singoli Stati.
LE NUOVE NORME E LE TIPOLOGIE DI AUTORIZZAZIONI
Il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, con il recente Decreto n. 12272 del 15 dicembre 2015 (il “Decreto 12272”), ha emanato le ulteriori disposizioni nazionali di attuazione del Regolamento UE n. 1308/2013, disciplinando le regole e le procedure per il rilascio delle autorizzazioni per nuovi impianti viticoli nonché i termini e le modalità per la conversione dei diritti di impianto dei vitigni concessi anteriormente al 31 dicembre 2015.
Il Decreto 12272 integra le disposizioni del precedente Decreto n. 1213 del 19 febbraio 2015 e completa la disciplina prevista in materia di autorizzazioni agli impianti di vitigni in Italia.
(A) far data dal 1 gennaio 2016, la possibilità di impiantare un vigneto in Italia sarà quindi subordinata all’ottenimento di una delle tipologie di autorizzazione di seguito riportate:
(B) autorizzazione per nuovi impianti ai sensi dell’art. 5 e ss. del Decreto 12272;
(C) autorizzazione per il reimpianto ovvero autorizzazione per il reimpianto anticipato; o autorizzazione riveniente dalla conversione di diritti di reimpianto.
In questa sede, si intendono riassumere le principali disposizioni in materia di autorizzazioni ai nuovi impianti viticoli, mentre, per motivi di sintesi, si faranno solo alcuni cenni in merito alle altre tipologie di autorizzazioni.
(A) Le autorizzazioni ai "nuovi impianti" viticoli
Ai sensi della normativa comunitaria e del Decreto 12272, le autorizzazioni per “nuovi impianti” sono assegnate ogni anno nella misura massima dell’1% della superficie vitata nazionale dichiarata alla data del 31 luglio dell’anno precedente a quello di presentazione delle domande di autorizzazione.
Alla fine del 2015, gli ettari di vigneti in produzione in Italia ammontavano a circa 642.000. Ne consegue che per il 2016 la superficie massima oggetto di autorizzazioni ai nuovi impianti in Italia dovrebbe essere di poco superiore a 6.400 ettari.
Le aziende che intendono presentare domanda devono avere un fascicolo aziendale aggiornato con le superfici ammissibili per l’impianto del nuovo vigneto, essendo escluse, tra l’altro, le superfici boschive ed i pascoli in altura, nonché quelle su cui insistono vincoli che ne impedirebbero la trasformazione in vigneti.
Per l’anno 2016, primo anno di applicazione del nuovo regime delle autorizzazioni, l’unico criterio di ammissibilità previsto per le richieste di autorizzazioni è costituito dal fatto che dal fascicolo aziendale del richiedente risulti in conduzione una superficie agricola pari o superiore a quella per la quale è richiesta l’autorizzazione.
Le domande delle autorizzazioni ai “nuovi impianti” viticoli devono essere presentate al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali in via telematica attraverso Sistema Agricolo Informativo Nazionale (SIAN), esclusivamente nel periodo tra il 15 febbraio e il 31 marzo del corrente anno (così pure di ciascun anno successivo).
Il Ministero provvederà quindi a raccogliere entro il 30 aprile tutte le richieste e comunicherà alle Regioni le aziende beneficiarie delle autorizzazioni. Ciascuna Regione si attiverà poi per concedere le autorizzazioni entro la data dell’1 giugno di ogni anno.
Ove le richieste di autorizzazioni fossero inferiori o uguali alla superficie disponibile a livello nazionale, tutte le richieste ammissibili saranno accettate.
Nel caso in cui le richieste di autorizzazioni per nuovi impianti dovessero essere superiori alla superficie disponibile a livello nazionale, tale superficie sarà assegnata in via proporzionale (meccanismo del c.d. pro rata). Come accennato, per l’anno 2016 non sono previsti ulteriori criteri né ordini di priorità nell’assegnazione delle autorizzazioni per nuovi impianti.
Va considerato che, se la superficie concessa in via finale fosse inferiore al 50% di quanto richiesto dalla singola impresa richiedente, quest’ultima avrà la facoltà di rinunciare all’autorizzazione entro dieci giorni dalla comunicazione, senza incorrere in sanzioni.
Dal 2017, verrà effettuata una verifica dei risultati ottenuti al fine di apportare, ove del caso, modifiche per migliorare il sistema e vi potrà essere l’eventuale applicazione, tra l’altro, di: (a) limitazioni al rilascio di autorizzazioni per specifiche aree, e (b) criteri di ammissibilità e di priorità secondo l’art. 64 del Regolamento UE n. 1308/2013 e del Regolamento UE 2015/560 e le rispettive regole di attribuzione delle autorizzazioni.
Va evidenziato che le autorizzazioni non potranno essere trasferite al di fuori dell’ambito aziendale e che saranno concesse a titolo gratuito.
Si segnala, inoltre, che le autorizzazioni per “nuovi impianti” viticoli non usufruiscono del contributo nell’ambito della misura della ristrutturazione e riconversione dei vigneti prevista dall’art. 46 del Regolamento UE n. 1308/2013.
(B) Le autorizzazioni per il reimpianto ed il reimpianto anticipato
Con riferimento alle autorizzazioni per reimpianto, esse sono concesse ai produttori che estirpano una superficie vitata registrata e che presentano una richiesta alle Regioni competenti. Detta autorizzazione sarà utilizzabile nella medesima azienda che ha provveduto ad estirpare il vitigno.
Le domande per le autorizzazioni al reimpianto di superfici estirpate dopo il 1 gennaio 2016 possono essere presentate alla Regione competente in qualunque momento dell’anno, fino alla fine della seconda campagna viticola successiva all’estirpazione.
Nel caso di autorizzazioni per il reimpianto anticipato, le relative domande devono comprendere anche l’impegno ad estirpare la superficie vitata entro la fine del quarto anno dalla data in cui i nuovi vitigni sono stati impiantati.
(C) Le autorizzazione rivenienti dalla conversione di diritti di reimpianto.
Per quanto riguarda il passaggio dei diritti di impianto concessi anteriormente ed ancora da utilizzare alla data del 31 dicembre 2015, i titolari dovranno chiedere la conversione dei loro diritti di impianto dei vigneti in autorizzazioni all’impianto, prima della scadenza di validità del titolo e comunque entro il termine ultimo del 31 dicembre 2020.
Da tale data decorrono i tre anni di validità previsti per l’autorizzazione, previsti anche per questa tipologia di autorizzazione.
CARATTERI PRINCIPALI DELLE AUTORIZZAZIONI E CONSIDERAZIONI FINALI
Si ricorda che, con il nuovo regime, ciascuna autorizzazione all’impianto o al reimpianto di vigneti è utilizzabile esclusivamente dallo stesso titolare e vincolata all’azienda che la detiene.
Inoltre, il mantenimento dell’autorizzazione presuppone l’effettiva conduzione del vigneto da parte del titolare della stessa.
Come sopra indicato, la durata dell’autorizzazione è pari a tre anni dalla data di concessione.
Nel caso in cui il produttore non utilizzi un’autorizzazione concessa entro il periodo di validità della stessa, lo stesso sarà soggetto alle sanzioni di cui all’art. 89 , paragrafo 4, del Regolamento UE 1306/2013.
Ci troviamo quindi di fronte ad un momento di passaggio estremamente rilevante per l’attività delle imprese operanti nel settore vitivinicolo in Italia.
Un attenta analisi e rispetto delle nuove norme, dei vari adempimenti prescritti e delle rispettive scadenze, consentirà ai produttori ed agli altri soggetti del settore di cogliere appieno le opportunità previste dalla normativa e di evitare le criticità e le decadenze da essa previste.
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Avv. Luca Moro, del Foro di Padova
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Al via la proposta, ma c'è chi dice no Siena, produttori di vino favorevoli. Certezze e dubbi tra i sindaci
Castellina e Radda, gli antichi Terzieri della medievale Lega del Chianti, potrebbero fondersi in un unico comune da 7.500 abitanti. La proposta di un referendum per riunire i tre enti del Senese in una sola realtà è spinta da un comitato spontaneo, affiancato ora anche dai proprietari di grandi e piccole aziende vitivinicole della zona, ossatura del si-sterna economico e cuore dell'identità di queste terre. A partire da Francesco Ricasoli, erede della grande casata del Barone di ferro Bettino, che nel 1993 ha ripreso in mano le redini dell'azienda di famiglia a Brolio (nel territorio di Gaiole dove ieri si è tenuto un summit tra produttori di vino ed enti locali), rilanciando un nome affermato in tutto il mondo. «I vantaggi amministrativi e burocratici di una fusione sono evidenti, è una grande opportunità da prendere prima che altri possano decidere per noi con effetti nefasti», ha detto aprendo l'incontro con gli operatori del settore che si è svolto ieri proprio a Brolio. Il riferimento è al dibattito che accompagna la spinta della Regione agli accorpamenti, su cui le opinioni sono discordanti. Se il sindaco di Gaiole Michele Pescini è apertamente per il sì («i Comuni come li abbiano conosciuti finora stanno sparendo per mancanza di risorse, la fusione è l'unica alternativa valida»), Radda per il momento nicchia, mentre Castellina punta su un'altra strategia, un'unione di area vasta partendo dallo schema di promozione territoriale che coinvolge Castellina, Radda, Castelnuovo Berardenga, Barberino Val d'Elsa, Greve, San Casciano e Tavarnelle. «Il primo passaggio è vedere se le diverse realtà del Chianti senese e fiorentino possono lavorare insieme», dice il sindaco Marcello Bonechi. Una prospettiva, quella dell'Unione, smontata dalla testimonianza del sindaco della pisana Crespina, Thomas D'Addona: «In Valdera è stata un disastro, solo un livello burocratico in più con spese aggiuntive e nessun risparmio». Ecco allora che l'idea di un unico ente, ricalcato esattamente sui confini della zona del Chianti storico, alletta particolarmente i produttori. «Questo percorso può aiutarci a difendere la nostra identità — ha detto Carlo Mascheroni, proprietario dell'azienda di Volpaia — grazie a un forte radicamento geografico. I tre Comuni hanno pochi abitanti, in un'unione con realtà molto più grandi non avrebbero peso». L'ipotesi è andare al referendum consultivo raccogliendo le firme tra i cittadini e bypassando i consigli comunali. «Sarebbe meglio se l'iniziativa partisse da loro — ha detto Deborah Monta-gnani, presidente del comitato — in caso contrario daremo la voce alle nostre popolazioni». •SIENá La scheda La Lega del Chianti, che univa i tre territori, nacque nel 1384 e soprawisse anche alla fine delle lotte tra Firenze e Siena. Fu soppressa solo nel 1774 dal Granduca Pietro Leopoldo e suddivisa nei tre comuni attuali.
autore: Orlando Pacchiani
fonte: Nazione
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