L'agenzia Ice dispone i primi fondi per gli eventi di gennaio-maggio 2016 Finanziati tra gli altri Vinitaly, Cibus e Sigep Pagina
Anche per l'anno 2016 il governo punta sugli eventi fieristici per raforzare il made in Italy. Ben oltre 7 milioni di euro sono destinati all'anno 2016 al potenziamento dei grandi eventi fieristici con l'obiettivo di rafforzare il made in Italy. Per i cinque eventi fieristici italiani più importanti che si svolgeranno tra gennaio e maggio 2015 sono stati dedicati oltre 7 milioni di euro. Gli eventi comprenderanno, per esempio: Sigep, Simac, Cosmoprof, Vmitaly e Cibus. La finalità è quella di assicurare la centralità di tali eventi per l'ambito settoriale di riferimento per fronteggiare la concorrenza di saloni ed enti fiere estere (Germania, Inghilterra e Francia) che possono contare su economie di scala di gran lunga maggiori, rafforzando in tal modo, l'immagine della produzione italiana sui mercati esteri con ricadute anche a livello occupazionale. Questo è quanto si legge nella delibera dell'agenzia Ice dedicata al «piano made in Italy» con una sezione ad hoc per gli «interventi a supporto dei grandi eventi fieristici italiani». Il «dossier» fiere ha lo scopo di rilanciare l'immagine della produzione italiana nel mondo, supportando i principali eventi fieristici italiani aventi rilievo internazionale attraverso una serie di azioni mirate a carattere di comunicazione e finalizzate a incrementare le occasioni di incontro con buyers ed operatorie esteri. La misura intende riaffermare il primato delle più importanti manifestazioni fieristiche allo scopo di rafforzare in maniera diretta la presenza sui mercati esteri delle singole aziende, con ricadute positive anche sui livelli occupazionali. Tale tipologia di intervento è stata testata con successo in occasione di Pitti che si è tenuta il maggio scorso a Firenze. Per ognuna delle manifestazioni selezionate verrà messa in campo una serie di azioni di supporto: massiccio piano di comunicazione sui media nazionali e internazionali, organizzazione di piani di ospitalità per selezionati buyers in incoming, inviti a giornalisti di prestigiose testate specializzate e non, organizzazione di eventi speciali «su misura» che coinvolgano anche i territori e i marchi più noti e prestigiosi del «made in Italy».
Autrice: De Stefanis Cinzia
Fonte: ItaliaOggi
Nella Top 100 di Wine Spectator, dietro agli Usa che piazzano ben 30 etichette, cè lItalia che, con 20 vini, supera abbondantemente la Francia, ferma a quota 14, in uno specchio fedele del mercato americano, che guarda sempre più allEmisfero Sud
La Top 100 by Wine Spectator specchio del mercato UsaDietro gli Usa, nella “Top 100” di Wine Spectator, la classifica più influente nel mondo enoico, c’è l’Italia, che, con 20 etichette (ben 30 quelle americane), stacca la Francia (non è la prima volta, era successo già nel 2002, 2009, 2011 e 2014), ferma a quota 14, dandole il distacco più ampio di sempre. Dietro, si fanno largo Spagna (10), Portogallo e Australia (5), Nuova Zelanda e Cile (4), Sudafrica (3), Argentina (2), Austria, Germania e Grecia (1), in uno specchio fedele del mercato a stelle e strisce. Dove si consuma più vino che in qualsiasi altro Paese del mondo (30,7 milioni di ettolitri nel 2014 secondo i dati Oiv), in un mercato in crescita costante che, per forza di cose, deve guardarsi intorno.
Fino a qualche anno fa soprattutto verso la Vecchia Europa, e principalmente in Francia ed Italia, non a caso regine storiche (me sempre dietro agli stessi Usa) delle passate “Top 100” di Wine Spectator, ma oggi il panorama è mutato, e se il Belpaese resta saldamente il primo partner enoico per i wine lovers americani (con una quota del 33% di tutto il vino importato), dietro la situazione è ben diversa. La Francia, così, scivola al quarto posto, superata, come raccontano i dati dell’Italian Wine & Food Institute (www.iwfinews.com), guidato da Lucio Caputo, da Australia e Cile, e seguita dall’Argentina.
Paesi dell’emisfero Sud, in grande ascesa, ance da un punto di vista qualitativo, che insieme rappresentano oggi il 42,3% del mercato delle importazioni, e la percentuale supera il 50% aggiungendo la Nuova Zelanda. Questo vuol dire, di pari passo, che Spagna, Germania e Portogallo, insieme, raggiungono una quota di mercato di appena l’8,4%. Certo, non basta la crescita qualitativa a spiegare una tendenza soprattutto commerciale, ed infatti una certa incidenza nella diminuzione del volume delle importazioni dai Paesi europei va attribuita allo sfavorevole rapporto di cambio Euro-Dollaro, che ha reso meno competitivi i vini del Vecchio Continente.
Dall’altra parte, c’è da sottolineare anche una crescente polarizzazione delle importazioni su un limitato numero di Paesi: Italia, Australia e Cile, detengono più del 60% del mercato delle importazioni, quota che supera addirittura l’80% in volume ed il 79% in valore con l’aggiunta di Argentina e Francia.
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