Secondo una ricerca di Ipsos Game Changers, tra francesi e gli svedesi è il costo maggiore il più grande ostacolo allacquisto, mentre i consumatori di Germania e Regno Unito lamentano scarsa informazione su questi prodotti
Allo scopo di misurare la percezione, il consumo e l’immagine del vino biologico in Francia, Sudvinbio, associazione interprofessionale francese di produttori di vino biologico, ha commissionato a Ipsos Game Changers (Francia) una ricerca che ha interessato i consumatori di Francia, Gran Bretagna, Germania e Svezia.
Ne è risultato in primo luogo che se il 35% di tutti gli intervistati a scopo statistico ha avuto esperienza di consumo di vino biologico. Sono gli svedesi quelli che dichiarano in maggior percentuale (51%) di averlo provato; l’8% di questi, inoltre, dichiara di farne un consumo regolare. Ha provato vino biologico anche il 34% dei francesi, il 32% dei tedeschi ma solamente il 21% dei consumatori UK.
In generale i consumatori di vino biologico dei quattro paesi oggetto d’indagine sono rappresentati da persone altamente istruite (il 43% dei laureati dichiara di averlo bevuto, contro il 24% dei meno istruiti) e da benestanti (il 42% dei più ricchi contro il 27% dei meno abbienti); sono poi in maggioranza i giovani e le donne.
Il rispetto per l’ambiente sembra essere il maggiore stimolo al consumo dei vini bio, così ha risposto il 60% degli intervistati da Ipsos. Tra le altre motivazioni seguono per valore percentuale la curiosità (37%), il fatto di promuovere un settore più equo (32%), il migliore gusto percepito di questi vini (28%), le ragioni salutistiche (25%), la migliore qualità percepita (21%), o semplicemente il fatto di esser soliti a scegliere principalmente prodotti biologici (17%).
Un’altra informazione particolarmente interessante che si evince da questa ricerca è quella legata al prezzo che sembra essere ancora il maggior ostacolo al consumo: lo è per il 34% dei francesi e per il 32,4% degli svedesi. Il dato è significativo, soprattutto perché la maggiorazione di costo media per il vino biologico, rispetto a quello non biologico, è di soli 1,50 euro in Francia e di 50 centesimi di euro in Svezia. Diversamente il 40% dei consumatori di Germania e Regno Unito crede che sia la scarsa informazione su questi prodotti a limitarne la diffusione.
FEB
fonte: Uiv
Sotto accusa la gestione delle regioni - Chiesto un incontro per definire correttivi i alza lo scontro sulla promozione del vino. Dopo le prime avvisaglie della scorsa settimana (con l'allarme lanciato da Istituto grandi marchi e consorzio Italia del vino, si veda agrisole n. 36/2015) si accende lo scontro tra viticoltori e Mipaaf.
PROMOZIONE. Nei giorni scorsi sette associazioni del settore (Assoenologi, Alleanza coop, Cia, Confagricoltura, Federdoc, Federvinie Uiv) hanno scritto al ministro Martina per lamentare le criticità nella gestione dei fondi Ue che «hanno superato le condizioni di tolleranza». La goccia che ha fatto traboccare il vaso ha riguardato i programmi multiregionali per i quali dopo anni di bandi andati deserti si è registrato un improvviso (e per molti sospetto) boom di domande con consenguente taglio lineare (del 50%) di tutti i progetti presentati. Ma sul banco degli imputati è in genere la gestione delle risorse da parte delle amministrazioni regionali. Per questo è stato chiesto al ministro un incontro tra i rappresentanti della filiera per esaminare eventuali modifiche e introdurre correttivi. Si allarga il fronte della protesta, dopo i due Consorzi sette sigle della filiera scrivono al ministro Martina Vino: giù le mani dalla promozione Sotto accusa i progetti multiregionali - Boscaini (Federvini): una spesa efficace è interesse di tutti.
MENO SOLDI 50 II taglio dei finanziamenti ai progetti multiregionali disposto dal ministero delle Politiche agricole dopo che sulla misura quest'anno è stato registrato un «boom» di domande La filiera del vino insorge e, in una lettera al ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina, contesta duramente l'attuale gestione dei fondi sulla promozione del vino nei paesi extra-Ue. Contestazioni che in realtà non sono nuove. Innanzitutto la lettera al ministro Martina segue di uan settimana (si veda Agrisole n. 36/2015) le proteste già sollevate dai due consorzi Istituto Grandi Marchi e Italia del vino. Senza contare che le stesse sette sigle (Alleanza coop, Assoenologi, Cia, Confagricoltura, Federdoc, Federvini e Unione italiana vini) che hanno firmato la lettera nei giorni scorsi (si veda testo in pagina) avevano già provveduto a avanzare critiche e proposte di modifica nei mesi scorsi. La differenza con l'oggi è che «le criticità già in passato denunciare - si legge nella lettera - hanno ormai superato ogni limite tollerabile». Come se non bastassero i circa 50 milioni di euro che, secondo i calcoli dell'Uiv, sono stati lasciati inutilizzati dalle regioni nell'ultimo triennio, la goccia che ha fatto traboccare il vaso riguarda le graduatorie da poco varate sui piani multiregionali. Un minibudget di circa 10 milioni di euro (sui complessivi 102 l'anno stanziati da Bruxelles) che però in passato erano rimasti spesso inutilizzati Per questo la filiera aveva proposto di dirottarli sul budget nazionale. Una redistribuzione quindi da un budget sottoutilizzato a un plafond per il quale le domande sono da anni superiori ai fondi disponibili. La proposta penò prima è stata rigettata dalle regioni. In un secondo momento quando alcuni progetti sono trasmigrati dal bando nazionale (dove erano invece rimasti a corto di finanziamenti) a quello dei progetti multiregionali, si è assistito, nel 2015, all'improvviso boom di domande. Un'esplosione di richieste che ha cosi costretto il Mipaaf ad attuare un taglio lineare del 50% di tutti i progetti presentaci. Compresi quindi quelli che provenivano dal budget nazionale e rimasti ancora una volta a secco di fondi. «Le regioni continua a utili77are come unico criterio per la gestione delle risorse - ha detto il presidente di Confagricoltura, Mario Guidi - la loro distribuzione "a pioggia" senza alcuna considerazione dei risultati di chi ha già effettuato tali investimenti. I politici locali sono convinti che questo gli garantisca un consenso, mentre invece resto delll'opinione che la politica può accrescere il proprio seguito tra i produttori agricoli solo se si mostra capace di rafforzare le filiere». La lettera al ministro per le Politiche agricole punta innanzitutto a favorire il confronto con la filiera in vista della modifica del decreto con le nonne per la gestione di questa misura di importanza strategica per il vino italiano. Un decrerto la cui revisione è in calendario per la prossima primavera. E proprio nella prospettiva di una revisione molti produttori hanno sottolineato come gli attuali criteri prevedono che le risorse non spese per la promozione vengano recuperate su altri capitoli dell'Ocm vino come la ristrutturazione dei vigneti. «Mentre invece sarebbe fondamentale - ha aggiunto il presidente di Federvini, Sandro Boscaini - che tali risorse restino concentrate sulla misura promozione andando magari a premiare progetti presentati ma rimasti senza finanziamenti. Qualcuno forse nell'alternativa tra promozione e ristrutturazione dei vigneti immagina una contrapposizione tra industria del vino (più impegnata nelle azioni promozionali) e agricoltori (più propensi invece a migliorare la produzione viticola). Contrapposizione che non ha ragione d'essere. Innanzitutto perché molte organizzazioni agricole e della cooperazione hanno franato la nostra lettera. E poi perché mentre sul vigneto Italia si è già investito tanto negli ultimi anni, l'unico aspetto in grado di garantire un futuro al vino italiano è la conquista di nuovi mercati. Per questo dispedere risorse o utilizzarle male non è una sconfitta di un singolo anello della filiera, ma di tutto il vino made in Italy».
Autore: GIORGIO DELL'OREFICE
Fonte: Sole 24 Ore
Italiani più attenti ai valori della sostenibilità in agricoltura (66%) rispetto a quelli socioeconomici (34%). Lo dice il nono Rapporto dell'Osservatorio innovazione e sostenibilità realizzato da Agri2000 (700 interviste) e presentato a Expo in collabora zione con Fedagri.
Lo studio dice che qualità e prezzo non sono più gli unici parametri per scegliere il cibo, ma c'è anche la sostenibilità ambientale, che è percepita come impiego di tecniche di coltivazione a basso impatto (61%), ridotto impiego di fertilizzanti e agrofarmaci (57%), salvaguardia del territorio e riduzione rischio idrogeologico (31%), attenzione al mantenimento della biodiversità (37%) e impiego di tecniche per ridurre i consumi idrici (27%). E c'è la sostenibilità socioeconomica, percepita come attenzione alle condizioni di lavoro (24%), adeguata remunerazione dei produttori (20%), mantenimento delle comunità nelle aree rurali (18%). Tuttavia, a fronte di un crescente interesse, c'è ancora poca informazione: i consumatori non trovano ancora nei punti vendita prodotti sui quali sia indicata chiaramente la provenienza da “agricoltura sostenibile”
Fonte: Settimanale Gambero Rosso