Il Veneto si conferma primatista, con 403 milioni di euro di fatturato (+7%), ma la palma di best performer (+21%) va alla Toscana, che ormai soffia sul collo del Piemonte per la seconda posizione. In forte calo l'Emilia Romagna
L’export trimestrale per regioni conferma il Veneto primatista assoluto, con 403 milioni di euro di valore e una crescita di oltre il 7% rispetto al corrispondente periodo del 2014. La palma di miglior performance va invece alla Toscana, che con il +21% racimolato nei primi tre mesi, e approfittando del momento di appannamento dei vini piemontesi (-2%), si porta a poche lunghezze dalla seconda posizione assoluta. Stabile, tra le prime cinque, il Trentino Alto Adige, mentre l’Emilia Romagna apre l’anno in sofferenza (-13%). Amarognolo l’esordio anche per la Lombardia (-7%), così come per la Puglia, sotto del 12%. Buone invece le performance dell’Abruzzo, del Friuli Venezia Giulia e del Lazio. Neutro il trimestre per la Sicilia, che ormai pare essersi stabilizzata sui 22 milioni di euro. Male, tra le “piccole”, le Marche e la Sardegna, mentre risultati più che positivi arridono a Umbria e Campania.
Questo l’andamento – sempre primo trimestre – degli ultimi tre anni delle prime cinque regioni: come si nota, il Veneto continua a crescere in maniera regolare, mentre l’appannamento del Piemonte favorisce l’avvicinamento della Toscana. Piatta la linea del Trentino Alto Adige e in pericolosa curva discendente l’Emilia Romagna.
Fonte: Uiv
Il settore vitivinicolo È tempo di restyling per i vini: si lavora alla caratterizzazione di 4 macroaree di Giorgio dell'Orefice Un profondo restyling per i vini dell'Emilia-Romagna. E l'ambizioso obiettivo al quale sta lavorando l'Enoteca regionale dell'Emilia-Romagna, d'intesa con l'amministrazione regionale.
L'obiettivo è riposizionare le etichette e far pesare maggiormente sul settore turistico l'asset del-l'enogastronomia Un restyling per rilanciare la viticoltura di quella che con una produzione 2oi4di 6,6 milioni di ettolitri (-10% rispetto al 2013) 61a seconda regioneproduttrice divinoin Italia (alle spalle del Veneto) e la quinta maggiore esportatrice (conungirod'affari esterodi3o9 milioni di euro). Una ristrutturazione che punta innanzitutto sui nuovi prodotti e sulla riscopert a di etichette affermate. Tra i primi il più interessante al momento è il Pignoletto. Uno spumante bianco (ma in misura ridotta esiste anche la tipologia di vino fermo) che negli ultimi anni in Italia è stabilmente trai vini che mostrano le migliori performance nella grande distribuzione organizzata. «Il Pignoletto - spiega il presidente dell'Enoteca regionale, Pierluigi Sciolette -, complice anche il favorevole momento dell'intero segmento degli spumanti made in Italy, negli ultimi quattro anni sugli scafali della G do è c resciuto al ritmo del 10% l'anno». Un vero e proprio boom che ha anche favorito una revisione delle regole. «Sulla falsariga del Prosecco- aggiunge Sciolette- anche noi nel nostro piccolo (se ne producono circa io milioni di bottiglie contro gli oltre 30o milioni dello spumanteveneto) abbiamo riscritto le regole produttive puntando sul nome geografico Pignoletto, che è un paese dei colli bolognesi e non il nome del vitigno». In questo modo si è arrivati al varo di un Pignoletto Docg dei Colli Bolognesi, che rappresenta una nicchia della più ampia area del Pignoletto Doc. Ma la revisione di quello che al momento è l"'hot brand" dell'enologia emiliano-romagnola è solo un aspetto del più profondo restyling. «Stiamo lavorando alla caratterizzazione di quattrograndi macroaree- aggiunge Sciolette-:quella del Sangiovese di Romagna, quella del Pignoletto (da Bologna a Modena e a Ravenna), il territorio dei Lambruschi (che va da Modena a Reggio Emilia e a Parma) e infinel'area della Malvasia (Piacenza e Parma) e del Gutturnio (Piacenza). Territori nei quali grazie al lavoro di alcune cantine (nel Lambrusco in prima fila ci sono le etichette Ceci e Medici Ermete) i vini della nostra regione stanno uscendo da una fase di sottovalutazione se non di vero e proprio anonimato». Risale allo scorso anno ad esempio, la "prima volta" sulla celebre rivista Usa Wine SpectatordiunLambrusco,acuièseguitol'inserimento dapart edella rivista britannica Decanter di ben due Lambruschi nella classifica "Top 5o wines dam". Ma la vera scommessa è ora quella sul turismo. «La strada per qualificare il vino emiliano-romagnolo è quella di legarlo ai territori -dice ancora il presidente dell'Enoteca regionale -. La leva da azionare è quella della Via Emilia, che ha più di amila anni di storia e attraversa borghi e città ricche di monumenti e di fascino. Legando questo percorso agli it inerarigastronomici equindi aivini che si producono nei differenti territori, siamo convinti che si possa valorizzare anche questa parte importantedella nostra regione che non ha nulla dainvidiaread altri efmorapiùblasonatitenitori del vino made in Italy». Esordio. Risale allo scorso anno la "prima volta" sulla celebre rivista Usa Wine Spectator di un Lambrusco (nella foto una vendemmia), a cui eseguito l'inserimento da parte della rivista britannica Decanter di ben due Lambruschi nella classifica "Top 50 wines of 2014
Fonte: Sole 24 Ore Rapporti24 Territori
Autore: Giorgio Dell'Orefice
Lo sviluppo dellenoturismo passa da internet e dai servizi che ruotano intorno al vino. Lanalisi del Great Wine Capitals Global Network a Vinexpo, con i casi top di Spagna e Portogallo, e la grande attesa per la Citè du vin a Bordeux (nel 2016)
Cibo arte e tante attività intorno al vino per sviluppare enoturismo nel mondoIl vino è solo una parte, ma fondamentale, di un turismo esperienziale più grande, che può crescere ancora se le cantine cooperano tra loro nei territori, puntano sul marketing di relazione, sui social media (Facebook è usato dall’85% delle realtà che fanno enoturismo, Twitter del 40%), e offrono sempre di più esperienze da vivere e di acquisto personalizzate e diversificate, affiancando alle visite in cantina e alle degustazioni la ristorazione, la vendita di prodotti del territorio, ma anche attività sportive, mostre d’arte e così via, aspetti sempre più richiesti dagli appassionati, e su cui le cantine stanno investendo: ecco gli elementi chiave su cui riflettere per il futuro dell’enoturismo, sotto i riflettori a Vinexpo, nel convegno del Great Wine Capitals Global Network (www.greatwinecapitals.com), che mette in rete città del vecchio e del nuovo mondo che sono capitali di regioni importanti del vino, come Bilbao nella Rioja (Spagna), Bordeaux (Francia), Città del Capo (Sudafrica), Mainz (Germania), Mendoza (Argentina), Porto (Portogallo), San Francisco nella Napa Valley (Usa) e Valparaìso nella Casablanca Valley (Cile), (per l’Italia, oggi assente dopo l’uscita di Firenze, si sta trattando con Verona, ndr).
“I fattori che impattano di più sul successo enoturistico - ha spiegato Christophe Faugère della Kedge Business School - sono in primis la notorietà della Regione per la sua produzione vinicola, ma anche ricchezze artistiche e le bellezze naturali, ma cresce tra le realtà che investono in enoturismo la consapevolezza dell’importanza dell’utilizzo di internet”.
E poi ci sono dei veri propri casi di eccellenza, iniziative talvolta totalmente private, talaltra partecipate dal pubblico, che hanno dato stimoli e risultati incredibili ai territori in cui insistono. Rientra sotto la prima casistica il “Museo de la Cultura del Vino” della Fundación Vivanco a Briones, ne La Rioja in Spagna, creato dalla omonima cantina iberica che, in 10 anni, è stato visitato da 1 milione di persone incassando oltre 10 milioni di euro. “Abbiamo aperto nel 2004 - ha detto il general manager Santiago Vivanco – e da allora il numero di visitatori stranieri nella regione è cresciuto dell’88%. Non è solo un museo del vino, ci sono mostre permanenti, con opere di nomi come Picasso e Dalì dedicate a Bacco, ma anche gallerie per mostre temporanee, spazi dove si fanno degustazioni e corsi, ma anche concerti e così via. Di certo ha fatto bene al business della nostra cantina, anche grazie alla vendita diretta, ma ha dato impulso a tutta la Regione, visto che dall’apertura sono cresciuti i numeri dei pernottamenti negli alberghi e negli agriturismi, nei ristoranti e così via”.
Ma c’è anche il caso del Museo del Douro a Regua, in Portogallo, visitato da oltre 100.000 persone l’anno, e punto cardine delle attività della Fundación Museo del Douro, creata con legge del marzo del 2006 dal Governo del Portogallo, e che può essere definito “un museo del territorio, che conserva e valorizza la storia di una Regione profondamente legata al vino, ma che è anche molto altro”, ha spiegato uno dei fondatori, Jorge Dias. Un esperienza museale che racconta la storia del Porto, ovviamente, ma dove si coordinano e realizzano anche progetti di educazioni per i più piccoli, mostre, spettacoli, progetti musicali a tema come quello incentrato sulla musica suonata solo con le botti del vino, e che tira la fila di una rete di oltre 40 musei disseminati sul territorio. E chissà quali saranno i numeri, quando aprirà nel maggio-giugno 2016, la “Citè du Vin” a Bordeaux, progetto pubblico-privato che sta per giungere a compimento, e in cui sono stati investiti 80 milioni di euro arrivati da istituzioni (il primo finanziatore e azionista di maggioranza è proprio il Comune di Bordeaux) e da privati, anche americani. E che sarà una struttura enorme, dove ad essere protagonisti non saranno solo i grandi vini di Bordeaux ma di tutto il mondo, con tanta multimedialità, iniziative educative legato al vino per le famiglie, ristoranti, mostre e così via, e che, a regime, ha detto Olivier Kollec, direttore marketing della “Fondation pour la culture et les civilisations du vin” che gestirà il centro, dovrebbe creare reddito per 50 milioni di euro ogni anno, garantendo 1100 posti di lavoro, tra quelli diretti e l’indotto ...