IRI, leader mondiale nelle informazioni di mercato per il Largo Consumo, il Retail e lo Shopper, ha elaborato le previsioni sullandamento dei mercati del Largo Consumo Confezionato durante i prossimi mesi del 2015 e nel 2016, indicando una ripresa dei consumi allinterno del comparto.
La prima parte del 2015 ha superato le aspettative di ripresa per i prodotti confezionati di largo consumo (LCC) espresse a fine del 2014, complice anche un rimbalzo su una controcifra particolarmente negativa nello stesso periodo dell’anno precedente. Il preconsuntivo del primo semestre sancisce perciò la fine della fase critica che ha caratterizzato le vendite del comparto nel biennio 2013-2014. Questo emerge dalle analisi elaborate da IRI sul comparto del Largo Consumo Confezionato.
Il miglioramento della fiducia delle famiglie ha consentito di riportare gli acquisti sui livelli del 2012. E’ particolarmente interessante notare che questi risultati sono stati ottenuti senza spingere ulteriormente sulla pressione promozionale di prezzo, un fatto nuovo dopo molti anni di crescita costante del ricorso a questa leva. Altro fatto degno di nota è che la ripresa delle vendite di largo Consumo è trainata dalle marche industriali mentre i prodotti a marchio del distributore continuano a segnare il passo. Questo fatto, accanto alla stabilizzazione della pressione promozionale, ha contribuito alla ripresa del valore del carrello della spesa che si traduce in un moderato aumento dell’indice medio dei prezzi, nonostante l’inflazione a parità di paniere resti praticamente nulla.
Le previsioni di IRI indicano una chiusura del 2015 positiva (+1,4% a volume e +1,7% a valore) anche se probabilmente nella seconda parte dell’anno ci sarà un affievolimento della spinta dei primi mesi. Ciò a causa delle turbolenze finanziarie innescate dalla crisi greca e dalle crescenti incertezze sul fronte geopolitico che potrebbero influenzare negativamente il sistema di aspettative dei consumatori italiani. Inoltre la ripresa dell’occupazione (ritenuto il principale fattore per sostenere la ripresa) è ancora incerta (i dati ufficiali che si sono succeduti negli ultimi mesi sono spesso contraddittori) e più che altro «annunciata».
Per il 2016 prevediamo un consolidamento dei volumi attorno al punto percentuale di crescita a fronte di un maggiore spunto dei prezzi. Questo scenario fa riferimento all’ipotesi che l’azione di espansione monetaria portata avanti dalle autorità finanziarie europee abbia successo e ridia vigore al sistema dei prezzi dei paesi membri.
Questo scenario non contempla la possibilità che il governo possa ricorrere alla «clausola di salvaguardia» nel caso che non vengano raggiunti gli obiettivi di bilancio concordati in sede di comunitaria. In questo caso il rialzo dell’IVA avrà un effetto sull’inflazione del comparto e bloccherà la crescita dei volumi. Purtroppo questa possibilità rischia di divenire più concreta se gli spread BTP/Bund torneranno a salire sensibilmente come conseguenza della crisi greca.
Note: Le previsioni IRI sono aggiornate al 30 Giugno 2015 e sono realizzate considerando i il Totale Largo Consumo Confezionato in Italia nei seguenti canali di vendita: Ipermercati + Supermercati + Libero Servizio Piccolo + Drugstore + Discount
IRI
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Il bilancio 2014 dell'Oiv - Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino sulla situazione vitivinicola mondiale: calano produzione (270 milioni di ettolitri di vino, -21 sul 2013) e consumi (240 milioni di ettolitri), crescono solo gli Usa
Nel 2014, nel mondo erano 7,57 milioni gli ettari complessivi vitati, di cui poco meno della metà in soli 5 Paesi (Spagna, Cina, Francia, Italia e Turchia), con un calo continuo ormai dal 2000, specie nella Vecchia Europa. E se la produzione globale di uva ha raggiunto i 737 milioni di quintali, di cui il 41% in Europa, il 29% in Asia ed il 21% in America, quella di uve da vino si è attestata a 357 milioni di quintali, con Francia, Italia e Spagna saldamente al top. Emerge dal consueto bilancio sulla situazione vitivinicola mondiale tracciato nel Congresso n. 38 dell’Oiv - Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino, a Mainz, in Germania, l’associazione che riunisce i Paesi maggiori produttori di vino (www.oiv.int). Il dato più pregnante, però, è quello della produzione enoica, che si è attestata nel 2014 sui 270 milioni di ettolitri, 21 in meno del 2013, con Francia, Italia e Spagna che, insieme, rappresentano il 48% della produzione globale, mentre la Cina, con una quota del 4%, è ancora alla stregua di Australia, Sudafrica e Cile. I consumi di vino nel mondo, invece, sono arrivati a 240 milioni di ettolitri, in calo sui 243 del 2013 (-1,2%), e infatti a crescere sono solo, e di poco (+1,1%) gli Usa, mentre Francia e Italia da una parte, e Cina e Russia dall’altra, crollano letteralmente. Certo, se si allarga l’analisi agli ultimi 15 anni, la crescita maggiore è ancora quella di Usa, Cina e Russia ma, dietro agli americani, sul podio ci sono ancora Francia e Italia, i due Paesi con la cultura enoica più antica e forte.
Così, l’Oiv disegna un panorama diviso in due, tra i cosiddetti “net importing countries”, ossia i Paesi che importano più di quanto producono, come Usa, Cina, Germania, Uk e Russia, ed i “net exporting countries”, Paesi esportatori in cui il mercato domestico ha un peso più o meno importante, come Francia, Argentina, Portogallo, Italia, ma anche Spagna, Australia e Nuova Zelanda, che hanno un focus sull’export ancora più marcato. Alla fine, in termini di volumi il commercio mondiale del vino è cresciuto del 2,5% sul 2013 (a quota 104 milioni di ettolitri), anche se in valore è rimasto ai livelli dell’anno precedente, a 26 miliardi di euro, con i soli sparkling a mettere a segno una crescita degna di nota (dai 4,41 miliardi di euro di giro d’affari del 2013 ai 4,65 miliardi di euro del 2014).
LUnione industriale celebra gli 80 anni di vita - La presidente Malabaila: «Il sapere è opportunità di crescita» Asti punta su giovani e formazione Migliorano gli indicatori del manifatturiero e prende il via il «piano vino»
C’era anche il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, all’assemblea dell’Unione industriale di Asti che ieri ha celebrato gli 80 anni della costituzione dell ’a ssociazio ne, n el ’35, tre giorni prima della proclamazione della Provincia di Asti. Paola Malabaila, presidente degli industriali astigiani, ha sottolineato come tutto, o quasi, sia cambiato nell’attività economica del territorio. «Nel 1935 – ha ricordato – aderivano all’Unione industriale 41 fornaci ed oltre 200 imprese per la trebbiatura del grano». E ora Asti può contare su aziende dinamiche nella meccanica, nella gomma plastica, nell’agroalimentare. Si è trasformato il territorio e si è trasformata l’associazione che, sempre di più, darà vita a forme di cooperazione su progetti specifici. Così come è successo con Hastal-Servizi per la crescita, creata in collaborazione con Confindustria Alessandria per migliorare la qualità e la quantità di servizi offerti alle imprese. Perché i servizi servono per f a r c re sc ere il t essu to in du striale. E l’ultima indagine congiunturale, relativa al terzo trimestre, premia Asti. A marzo il saldo tra ottimisti e pessimisti era negativo per oltre 10 punti per quanto riguar dava la produzione: ora il saldo è positivo per più di 6 punti. Cresce l’utilizzo degli impianti, miglio ra no le aspettative su ordini totali ed export, cala il ricorso alla cassa integrazione. Malabaila, però, avverte che non ci si può fermare. Bisogna «costruire un nuovo futuro, sfidando un facile e troppo diffuso pessimismo», avendo fiducia ne ll e p r opr i e cap ac it à e d in quelle dei propri collaboratori, avendo ben chiaro che il manifatturiero è il principale motore di crescita economica, affermando che il “fare industria” costituisce l’elemento centrale per credere in un nuovo rinascimento industriale. Costruire il futuro, per Malabaila, è anche continuare a produrre nel proprio territorio. E significa anche puntare sui giovani. L’associazione industriale astigiana sta lavorando da tempo, e con ottimi risultati, con il mondo della scuola. Grazie anche al gruppo Giovani imprenditori. E si procederà su questa strada perché, «per la nostra società, per la nostra economia, oggi più di ieri il sapere è opportunità di crescita». Continuando ad imparare, anche al di là dei percorsi di studio ufficiali. E puntando sulle risorse del territorio. A partire dall’agroalimentare che «è il petrolio di questo Paese» e lo è ancor di più nell’Astigiano, territorio considerato patrimonio dell'umanit à d all’Un es co. G ra nd i v in i , grandi specialità gastronomiche, grandi paesaggi. Vino, cultur a, t uris mo, ha sott olin eato Malabaila ricordando l’importanza de ll’at tività s volta dal Gruppo Vini dell’associazione. Che sta attuando un “piano vino” che «si propone di delineare una strategia di sviluppo del settore, coinvolgendo tutti gli att or i, pubbli ci e pr ivati , p re senti sul territorio, in modo da sfruttare al massimo le sinergie che ne possono derivare». Un progetto che coinvolge enti di ricerca, i consorzi di tutela, il sistema associativo, le imprese. Con i progetti di filiera che rappresentano un importante banco di prova poiché coinvolgono la compone nte agricola, le aziende produttrici, il comparto commerciale, il turismo, i servizi. E l’associazione industriale, in questo spirito di collaborazione, parteciperà con un proprio stand, dedicato ai vini aromatizzati, alla prossima Douja d’Or. Ma, sempre nell’ottica del marketing territoriale, si sta pensando anche alla creazione di una enoteca permanente ed alla realizzazione di una bottiglia “astigiana”, così come esistono le borgognone, le bordolesi, le renane o le albeise.
A.Gr.
fonte: Sole24Ore