Le recenti proposte Ue di liberalizzare il nome dei vitigni hanno creato il panico. Nel summit che si è svolto a Scandiano (Re) sono intervenuti anche il ministro Maurizio Martina e Paolo De Castro, che rassicurano sulla compattezza della difesa di questa denominazione, così forte nel mondo da far gola alle lobby spagnole. Anche se il pericolo è reale...
Una folla straripante è intervenuta al convegno “Lambrusco nel Mondo”, che si è svolto lo scorso 30 gennaio presso la cooperativa Emilia Wine di Arceto di Scandiano (Re). Il motivo di tanta passione? La paura che la richiesta da parte di alcuni Paesi comunitari di liberalizzare il nome dei vitigni, tra cui il Lambrusco, possa essere accolta. Il tema è quello della protezione delle denominazione di origine, affinché non possa esserci un “Lambrusco di Siviglia”, o di qualsiasi altra origine geografica che non sia quella del territorio in cui il vino è nato. Il “sistema Lambrusco” vale 500 milioni di euro di fatturato, coinvolge ottomila famiglie di agricoltori, 20 cantine sociali e 48 aziende vitivinicole. Non uno scherzo. Al summit sono intervenute numerose personalità, le cui dichiarazioni sono raccolte nell’articolo pubblicato sul numero 4 del Corriere Vinicolo. Tra queste, la proposta del sindaco di Bomporto, Alberto Borghi, che ha illustrato il progetto di un “distretto produttivo del Lambrusco”, sull’esempio dei Wine cluster californiani e francesi, che dovrebbe unire tutti gli attori della filiera, investire fortemente sull’innovazione e sulla ricerca e favorire la condivisione delle informazioni. Ma anche il lungo intervento di Simona Caselli, assessore regionale all’Agricoltura dell’Emilia Romagna, che ha ricordato che “La norma europea in uso sta ben tutelando la materia, quindi perché modificarla?”, scongiurando che, cambiando la legge, domani un gruppo di produttori spagnoli possa chiedere e ottenere la creazione di una Dop solo aggiungendo un suffisso geografico al nome del vino. Presente anche il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina che, dopo alcune importanti considerazioni, ha concluso dicendo che “Siamo compatti e stiamo agendo. Tutela e rilancio sono le nostre linee, e sono fiducioso anche perché Francia, Germania e Austria sono dalla nostra parte”. Tra le altre dichiarazioni, importante e molto esplicita anche quella del coordinatore per il gruppo dei Socialisti e Democratici della commissione agricoltura e sviluppo rurale dell’Europarlamento Paolo De Castro, che riflette su alcuni temi: “il Sistema Italia c’è e funziona. Se ci sono diverse interpretazioni tuttavia, confrontiamole pure. A parte tutto, perché ora gli spagnoli fanno la battaglia sul Lambrusco? Perché a mio giudizio sono interessati al mercato dell’America Latina, dove questo vino va già forte. Quindi siamo di fronte a una precisa regia non a un generico vento di liberalizzazione! La dimostrazione che il sistema attuale tiene e non vi è esigenza di modificarlo è poi nei fatti, e sfido chiunque a dimostrare il contrario. Finora ci siamo sempre potuti difendere, anche recentemente con il caso ‘Chateau Lambrusco’ che abbiamo vinto di fronte alla Corte di Giustizia Europea”
Consorzio Vini Valpolicella versus Famiglie dellAmarone dArte: probabilmente nelludienza del 10 febbraio si avranno informazioni sulla misura cautelare di divieto delluso improprio del marchio Amarone e sui tempi del giudizio di merito
Bisogna aspettare almeno fino al 10 febbraio per avere - forse - qualche novità sulla controversia legale tra il Consorzio della Valpolicella e le Famiglie dell’Amarone d’Arte. Il Consorzio, che tutela tra le altre la Docg Amarone della Valpolicella, ha richiesto nel luglio 2015 la nullità del marchio dell’Associazione che annovera 12 aziende (Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi Agricola, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Venturini e Zenato, www.amaronefamilies.it), con due procedimenti, uno nazionale e uno internazionale “visto che non è possibile da parte di un privato registrare un marchio che contenga al suo interno una denominazione d’origine protetta, ovvero una menzione tradizionale, ovvero un marchio collettivo”.
Nel frattempo, le aziende appartenenti alle Famiglie, che ancora erano iscritte al Consorzio, ne sono uscite e, nella prima udienza nel dicembre 2015, è stata fissata la seconda per il 3 febbraio 2016, in cui è stata fissata la prossima per mercoledì 10 febbraio. Chi se ne intende dice che si tratta di un corso del tutto normale.
In attesa di nuove, tuttavia, cerchiamo soltanto di capire cosa ci si può aspettare dai due procedimenti che vanno in parallelo. Per la causa internazionale, a seguito del tentativo da parte della Famiglie di Amarone d’Arte di registrare il marchio “Amarone” in sede Ue presso l’Ufficio per l’Armonizzazione del Mercato Interno - Uami (http://oami.europa.eu), il procedimento amministrativo sta andando avanti e si attendono novità, ragionevolmente, verso la fine di marzo. Sulla causa nazionale, nell’udienza del 10 febbraio 2016, potrebbero essere stabilite le date procedurali intermedie per arrivare alla fase conclusiva del procedimento, quindi a sentenza. Una sentenza che potrebbe giungere entro la fine di quest’anno. Sapremo, quindi, tra qualche giorno se, in attesa del giudizio di merito, verrà adottata la misura cautelare di divieto dell’uso “improprio” del marchio Amarone da parte delle Famiglie dell’Amarone d’Arte.
L’azione di difesa del marchio Amarone da parte del Consorzio si sta decisamente inasprendo: è, dei giorni scorsi, la diffida di un’osteria che coglieva l’occasione dell’Anteprima Amarone 2012 per farsi pubblicità, senza preventivo consenso consortile, con un evento denominato “fuori Amarone”. Una solerzia che il Consorzio giustifica con l’esasperazione: “è da anni che combattiamo per tutelare i nomi più fantasiosi che fanno riferimento ai vini della denominazione; l’attività di promozione ci costa molto e non vogliamo vanificarla con la creazione da parte di altri di marchi che creino confusione”. Intanto alcuni, da entrambi gli schieramenti, gettano acqua sul fuoco, anche alla luce del rumore mediatico, negativo per la denominazione, che proprio in Anteprima Amarone 2012 (il 30 e 31 gennaio, http://anteprimaamarone.it/) ha messo in evidenza scheletri nell’armadio e contrapposizioni nella denominazione Vini Valpolicella (http://www.winenews.it/news/41236/valpolicella-le-cooperative-facciamo-qualit-molte-famiglie-dellamarone-darte-comprano-allegrini-presidente-famiglie-il-problema-sono-prezzi-troppo-bassi-il-3-febbraio-udienza-consorzio-famiglie-lonardi-bertani-serve-senso-civico).
In una filiera di produzione articolata e ricca - 550 milioni di euro di fatturato nel 2015, di cui 315 grazie all’Amarone - come quella della Valpolicella, che potrebbe essere “il paese dei balocchi”, è davvero diabolico perseverare su alcune posizioni. Cui prodest?
Clementina Palese
fonte: winenews
Vino. Il boom del 2015 consentirebbe di superare il Piemonte Toscana, export a un miliardo La Toscana punta il Piemonte e presto potrebbe effettuare il sorpasso dellexport.
Nei primi 9 mesi del 2015 l’export di vini toscani è balzato del 21,9% (contro una media nazionale 5,4%) a 647 milioni. Trend che, se confermato anche per l’ultimo trimestre, proietterebbe l’export al record di 923 milioni. Nello stesso periodo, il Piemonte ha perso il 4%. Solo il Veneto supera il miliardo. A dirlo è Toscana Promozione in vista di Buy Wine, l’evento con 20 0 pr odu ttor i tos c ani e 2 50 buyer di 36 Paesi, in programma il 12 e 13 febbraio alla Fortezza da Basso di Firenze. Il 13 e 14 febbraio sarà di scena Anteprime di Toscana con i nuovi vini di 13 denominazioni. Dal 2003 l’export di vini tosca- ni è cresciuto del 102% a valore e pesa sul totale per il 16,7% (dal 14,8% del 2014). A trainare la Toscana sono i vini Dop che rappresentano il 64,6% dell’export regionale a valore. Continuerà anche nel 2016 la corsa? «Siamo molto ottimisti - risponde Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino - Anche perchè partiamo da un 2015 che ha svuotato le cantine: sparito il Brunello 2010, 2009 e le annate precedenti. Venduto anche tutto il Rosso». Bindocci aggiunge che ora «il mercato attende il 2010 Riserva mentre il 2011 si annuncia una grande annata». «Siamo ottimisti per il 2016 - in- I CONSORZI Bindocci (Brunello): l’anno scorso la domanda ha svuotato le cantine Busi (Chianti): lo strappo dei prezzi è arrivato a +40% terviene Giovanni Busi, presidente del Consorzio del Chianti L’anno scorso le vendite sono calate del 4% ma l’aumento consistente dei prezzi (lo sfuso da 110 a 160 euro all’ettolitro ndr) ha permesso di poter pareggiare i conti ai 3.700 produttori e ai 500 imbottigliatori». L’ultima vendemmia però è stata magra per il Chianti, -5%, ma buona nelle sottozone e nel Chianti superiore, +7/8%. «Quest’anno però - aggiunge Busi - avremo più competizione da Sicilia, Puglia e Veneto che hanno prodotto tantissimo». Anche il Chianti classico ha superato le difficoltà di un tempo. Quest’anno «passeremo da 35 milioni di bottiglie a 37,5 - sottolinea Sergio Zingarelli, presidente del Consorzio del Chianti classico (e produttore di Rocca delle Macìe) - dopo il +8% del 2015, merito dell’export ma anche di una buona ripresa del mercato domestico».
Autore: Emanuele Scarci